
Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 23918 del 25.09.2019), in una causa di mobbing, la prova dell’elemento intenzionale e vessatorio del datore di lavoro può essere fornita dal lavoratore anche sulla scorta delle caratteristiche oggettive dei comportamenti tenuti; cioè su presunzioni gravi, precise e concordanti, dall è possibile risalire da fatti noti ad altri ignorati.
Analogamente, il Consiglio di Stato (sent. n. 4471 dell’1.07.2019) ha affermato che la prova dell’animus nocendi può essere soddisfatta dal dipendente anche attraverso presunzioni tratte da elementi oggettivamente riscontrabili.